Londra, all’alba del diciannovesimo secolo. L’avventuriero James Delaney, creduto morto per anni, torna improvvisamente a casa per seppellire il padre, un vecchio folle deceduto a causa di circostanze misteriose. Nel decadente patrimonio ereditato spicca la semisconosciuta isola di Nootka, un pezzo di terra dimenticato da Dio sulla costa occidentale degli Stati Uniti, priva di alcun valore commerciale. Ma il neonato governo USA vuole entrare in possesso di Kootka a tutti i costi. Così come la Compagnia britannica delle Indie Orientali, che è disposta ad offrire a James una spropositata quantità di denaro per mettere le mani sull’atto di proprietà di quelle terre aride e desolate. Perfino la Corona è pronta ad uccidere pur di ottenere l’isola.

Cosa nasconde Kootka? E’ forse legata in qualche modo alla morte del padre di James? Ma soprattutto, cos’ha visto James nelle sue peregrinazioni nel continente africano? E’ davvero tornato dedito alla magia nera e al cannibalismo? E’ davvero immortale?
Queste le inquietanti ed oscure premesse di Taboo, una delle migliori serie tv prodotte negli ultimi anni da BBC One (in collaborazione con FX, che già aveva fatto centro con Fargo), figlia della tanto agognata collaborazione fra tre nomi altisonanti: Tom Hardy, fra i più apprezzati attori del XXI secolo; Steven Knight, uno degli sceneggiatori più acclamati dalla critica mondiale; Sir Ridley Scott, forse il più grande demiurgo della storia del cinema.

Prima o poi doveva succedere. Del resto, il mondo è un posto troppo piccolo per dei giganti come loro, e i loro destini si erano già sfiorati prima di Taboo. Proprio come il suo James Delaney è il perno intorno al quale ruota questa serie, Tom Hardy è diventato il punto d’incontro fra Knight e Scott: Hardy e Knight avevano realizzato Locke, un ottimo film indipendente girato in tempo reale all’interno di un auto, dove il talento dell’attore brilla come aveva brillato in Bronson di Refn. E come Scott aveva previsto che sarebbe di certo brillato, quando l’aveva fatto debuttare nei panni del soldato Lance Twombly in Black Hawk Down (anni dopo gli avrebbe prodotto Child 44, in cui Hardy dà la caccia ad un serial killer di bambini nella Russia del dopoguerra).
In Taboo Ridley Scott tornerà nelle vesti del produttore (la regia sarà affidata ai bravi Kristoffer Nyholm e Anders Engström, che si spartiranno gli otto episodi della mini-serie), troppo impegnato nella realizzazione prima di The Martian e poi di Alien Covenant, e Knight scriverà tutte le puntate partendo da un’idea (leggenda vuole) di Chips Hardy, padre di Tom, onesto mestierante inglese autore di diverse opere poco conosciute al di fuori dei confini britannici.

E così nasce Taboo. Un essere strano, mutevole, tagliente e oscuro, che si muove in un immaginifico mondo fatto di intrighi e superstizioni. Un po’ dark-drama, un po’ horror sovrannaturale, la serie è capace di fare tante cose insieme, e di farle tutte a meraviglia. Sa spaventare, sa tormentare, sa appassionare, sa far sorridere, sa disgustare. Sa creare un mondo credibile, magico e orribile, eretto su solide fondamenta ispirate tanto alle atmosfere nere dei racconti gotici dell’ottocento quanto alle realtà di strada dei romanzi dickensiani.

E’ un racconto di vendetta e formazione che brucia a fuoco lento, secondo i rigidi canoni dell’intreccio che hanno da sempre costituito l’opera di Steven Knight. C’è sesso (nella migliore tradizione televisiva post-Game of Thrones), c’è violenza, ma anche tanta drammaticità, e nonostante la vicenda sia condita di giochi di potere e machiavelliche tattiche di politica interna ed estera, tutto assume un tono intimo, privato, familiare (in questo senso fa un gran lavoro di supporto la colonna sonora del magistrale Max Ritcher, che ha ammaliato la critica con le sue composizioni in The Leftovers).

Ma c’è soprattutto un’epica dal retrogusto quasi-western, dettata dalla controversa ed enigmatica figura del James Delaney di Tom Hardy. L’attore di Londra dà corpo e anima ad uno dei più memorabili protagonisti della storia recente della tv, che con i suoi sguardi impenetrabili e allucinati diventa capace di trasformare una filastrocca per bambini in una promessa di omicidio. Sia Nyholm (regista del bellissimo The Killing) che Engström sono bravissimi a far risaltare la presenza scenica dell’attore in ogni singola inquadratura, permettendogli di sfoggiare tutto il suo truce e minaccioso talento.

La serie, per quanto gotico e sporca – come i vestiti di James – non si vergogna mai di ciò che è, e anzi si vanta dei propri lucidi dettagli e delle proprie amabili finezze, tra cannibalismo, stregoneria, incesto fra fratello e sorella (sì Game of Thrones prima non è stato tirato in ballo casualmente), fantasmi, omicidi, ribellione e spionaggio. Con tutti i suoi sudici e seducenti orpelli, Taboo è sicuramente fra le migliori storie di redenzione vecchio stile che possiate trovare oggi in televisione.



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