Mettiamola così: se il buon giorno si vede dal mattino, i primi dieci minuti di Wolf Warrior 2 ne rappresentano il perfetto ed esaustivo riassunto (in un fintissimo piano sequenza l’eroe cinese scruta l’orizzonte, si butta in mare dopo che la nave si cui si trova è stata attaccata da un gruppo di pirati, sconfigge a colpi di kung fu subacqueo i cattivi e li appallottola legandoli tra loro come salami) e se l’incasso di un film può indicare quale via prenderà la cinematografia di un paese negli anni a venire…Pechino, abbiamo un problema.

Non che Wolf Warrior 2 sia particolarmente brutto o poco godibile, anzi, a noi occidentali dovrebbe dare una sensazione di deja-vu, perchè è assolutamente identico, fatti salvi alcuni aggiornamenti “cosmetici” e una regia un po’ più generosa in termini di creatività, ai classicissimi action degli anni ’80 che hanno creato icone tutt’ora celebri quali quelle di Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger, Chuck Norris, Jean Claude Van Damme e tutti gli altri eroi di quel periodo. Solo che, appunto, son passati trent’anni. Per noi. Non per il pubblico cinese, che in questi ultimi anni di boom commerciale ha premiato titoli piuttosto insignificanti sotto il profilo autoriale, rilanciato brand che persino negli USA avevano iniziato a filarsi in pochi (Transformers in primis) e ha permesso con la sua sola forza a Wolf Warrior 2 di diventare il quinto miglior incasso globale del 2017.

E’ interessante notare come lo script del film, che supera in manicheismo patriottico persino Rambo (in una sequenza il protagonista offre il suo braccio come asta della bandiera cinese), finisca per riproporre tutti i grossolani errori che si rimproveravano anni fa agli autori dei vari Commando & company. Anzi, la propaganda di Wolf Warrior 2 è talmente ostentata da apparire in più di un momento ancora più risibile e maldestra di quella sfoggiata dalla Hollywood reaganiana.

La quantità di sequenze priva di ogni logica trasforma infatti Wolf Warrior 2 in una sorta di esilarante parodia del genere che vorrebbe rappresentare, come se il mitico trio Zucker-Abrahams-Zucker (gli autori di Top Secret e della saga de laPallottola Spuntata, casomai non ve li ricordaste) fosse tornato pienamente operativo e avesse cominciato a sfornare come ai vecchi tempi una serie di gag scoppiettanti: l’eroe che con l’aiuto di due soli partner sconfigge un intero esercito dotato di carri armati, le lagrime dei generali cinesi che decidono di aiutarlo a distanza con un attacco missilistico, il russo cattivo che sembra Zangief, l’americano ancora più cattivo che stavolta le prende, la donna che canta Amazing Grace in Obama-style mentre tutt’intorno piovono bombe ed il protagonista che o schiva tranquillamente pugni e pallottole o viene colpito in pieno da tutto ma non muore.

A bilanciare parzialmente gli eccessi, c’è il mestiere: di Jing Wu in primis, migliore come regista che come attore, che (quando vuole) sfrutta appieno i talenti “naturali” e le caratteristiche tipiche della cinematografia di casa propria: ottimi stunt, belle coreografie e scene di massa imponenti. Il demiurgo della serie, pur non avendo un grammo del carisma di Jet Li o Jackie Chan, fa il suo senza sforzarsi troppo, vista anche la prevedibile mono dimensionalità del personaggio. Siccome poi la vita è prevalentemente questione di fortuna e non di abilità personali, i due unti dal Signore a questo giro sono Frank Grillo e Celina Jade, che, capitati lì per caso, potranno raccontare ai nipoti di aver partecipato a un film che, a suo modo, ha fatto la storia.

Wolf Warrior 2 è quindi una tutto sommato godibile tamarrata, che però potrebbe avere conseguenze devastanti nel prossimo futuro, visto che il suo inaspettato e clamoroso successo potrebbe generare decine di epigoni e cloni in patria e, aiuto, indurre Hollywood ad abbassare ulteriormente il livello medio delle sue già deludenti produzioni a largo budget per sfondare in quello che è, ancora per poco, il secondo mercato del mondo.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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