Quella dell’adolescenza è una twilight zone a tutti gli effetti segnata com’è da turbamenti, sentimenti ed emozioni difficilmente decifrabili e spesso in contrasto tra loro, unitamente a una costante, ma al tempo stesso guardinga, voglia di crescere. E se i ragazzi sono preda del loro stesso disorientamento, il mondo esterno si relaziona con loro in modo contraddittorio: i ragazzi vengono giudicati ormai grandi per alcuni versi, ancora troppo giovani sotto altri, e invariabilmente è l’adulto di turno, sia esso genitore, insegnante, conoscente, a decidere quando si ricade in un caso, quando nell’altro.
Gli anni della scuola superiore sono quindi segnati da un maeltrom di emozioni ed esperienze difficilmente gestibili, soprattutto quelle appartenenti alla sfera sessuale, e a questa situazione di instabilità si aggiunge la persistente e costante consapevolezza che in qualche modo si è sul punto di diventare adulti. Ma come e perdendo cosa nel mentre? Il passaggio emotivo e psicologico avviene in modo diverso, unico e personale per ogni adolescente, e chi adulto lo è già non sempre è equipaggiato per essere il miglior esempio possibile.
Per Giovanna, la protagonista del libro, il passaggio tra un prima e un dopo è segnato dal momento in cui per la prima volta i genitori smettono di essere ai suoi occhi la coppia perfetta a cui guardare con ammirazione, il modello a cui aspirare, diventando al contrario tutto ciò che genera rifiuto all’idea di diventare adulti.
Con La Vita Bugiarda degli Adulti Elena Ferrante torna nella sua Napoli per raccontare la storia di una ragazza, della sua famiglia, e di quelle menzogne raccontate a sé stessi e agli altri che finiscono per diventare le fondamenta di un’intera esistenza, finché la vita inizia a esigere spiegazioni. E Ferrante lo fa a suo modo, trascinando il lettore anima e corpo in una storia complessa e stratificata, a tratti cruda, in cui l’essere donna è ancora prepotentemente al centro della narrazione: le donne di Elena Ferrante, sia ragazze che adulte, sono raccontate con una potenza primordiale, tanto più quando sono accostate a personaggi maschili irrimediabilmente destinati alla pochezza e al tradimento di qualsiasi iniziale aspettativa nei loro confronti.
Giovanna è figlia di una coppia di professori belli e colti che pare sappiano sempre quale sia la cosa giusta da dire o da fare, e la sua crescita si fonda sulla certezza dell’amore dei genitori e sull’ammirazione che il padre ha per la bellezza della figlia finché un giorno, proprio una frase del padre – “Sta diventando brutta come Vittoria” – pronunciata mentre pensava di essere fuori dalla portata dell’orecchio della figlia, getta Giovanna nello sconforto.
Sono gli anni in cui l’aspetto fisico, soprattutto per una ragazza, rappresenta un campo di battaglia in cui si scontrano insicurezza e vanità, aspettative sociali e sentimenti di inadeguatezza. Per Giovanna perdere l’ammirazione del padre significa perdere un’identità mai messa in discussione fino a quel momento, ma il vero colpo è l’essere stata paragonata alla terribile Vittoria, la zia ripudiata dai genitori in quanto paradigma di ignoranza, cattiveria e volgarità. Essere brutta come zia Vittoria suona quindi come qualcosa di ancora peggiore dell’assenza di grazia fisica, come una condanna a un destino fatto di meschinità e sconvenienza morale. A Giovanna non resta che incontrare per la prima volta questa donna e cercare di capire cosa le riserva il futuro.
Zia Vittoria si rivelerà sorprendente sotto tutti i punti di vista, sia in negativo che in positivo, e mano a mano che si procede nella lettura capiamo, nonostante i giudizi espressi dai vari personaggi, che la donna è tutt’altro che brutta, è anzi molto avvenente, ma la percezione negativa è dovuta più che alla sgradevolezza di aspetto, all’abbruttimento dell’animo, dei modi e del modo di porsi, dovuto a un misto di ignoranza e disperazione. Vittoria è una donna ferina nei sentimenti, totalizzante, dotata di un istinto feroce e assolutamente priva di filtri. Agli occhi del padre di Giovanna, Vittoria rappresenta tutto quello che l’uomo ha messo alle sue spalle per sempre: miseria, povertà culturale, e quella Napoli bassa, vistosa, rumorosa, spesso sguaiata.
Giovanna trova però nell’irruenza viscerale della zia quella sincerità e quella schiettezza di cui non è mai stata destinataria: per la prima volta si sente trattata da adulta, e per la prima volta ha i mezzi, seppure non ancora affinati, per poter guardare oltre l’apparenza del suo benessere famigliare fino a scoprirne le menzogne e gli atti di dubbia moralità che sono stati necessari ai suoi genitori, ma soprattutto al padre, per raggiungere lo status di piccoli borghesi per bene.
Tra menzogne, drammi famigliari, tradimenti e amicizie che si rompono e si ricompongono su nuove basi, Giovanna deve trovare una sintesi tra la vita a cui pensava di essere destinata, e un corso degli eventi che la portano in un’altra direzione, verso tutte quelle persone che orbitano nella vita di Vittoria e che ora sono entrate anche nella sua quotidianità.
Il passaggio nell’età adulta, per Giovanna, avviene infine quando si rende conto di non voler assomigliare a nessuno degli adulti della sua vita.
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