Siamo tornati, ancora più incistati, eccoci qui (qui), vi eravamo già mancati. Esordivano così Articolo 31 nella prima strofa del loro album del 1996 Così com’è. E così come il duo rap milanese è tornato in questo folle 2022 annunciando una clamorosa partecipazione al prossimo Sanremo, allo stesso modo anche noi torniamo come nulla fosse dopo mesi di iato raccogliendo addirittura due mesi di segnalazioni. Perché? Perché sì! Ok, la finisco con le citazioni degli Articolo: perché tra ottobre e novembre c’è Lucca, che è un po’ il nostro Sanremo, e lì tutto si addensa, quindi di roba da trattare ce n’è parecchia. A proposito, bando alle ciance.
Boy’s Club
La probabilità che conosciate Pepe The Frog è direttamente proporzionale al tempo della vostra permanenza sull’internet. E se lo conoscete, di sicuro saprete che per qualche oscura ragione è divenuto simbolo, emanazione e propaggine del memeverso dell’alt right americana, il tutto contro la sua volontà, ma soprattutto contro la volontà del suo autore Matt Furie. Pepe è solo uno del quartetto di protagonisti insieme a Andy, Brett e Landwolf di Boys’ Club, stoner comedy (racconto dai tratti comici avvolto nei fumi delle droghe) decisamente lontana dai valori (ahahaha quali?!) della destra alternativa americana. Io posso anche provare a spiegarvi le atmosfere che si respirano nel volume, ma se non vi siete mai trovati nel pieno di un pomeriggio qualunque scatafandrati sul divano di qualcuno, osservando il vostro amico che gioca alla Play mentre lo immaginate assumere le forme di un trancio di pizza in preda ai deliri della fame chimica, beh, difficilmente potreste capirmi. Per fortuna, le vibes dei disegni di Matt Furie riescono con maggiore efficacia a trasportarvi nella mentalità apaticamente scazzata e psichedelica dei suoi quattro protagonisti post-adolescenti. Tra il nonsense e lo scatologico Furie cristallizza lo zeitgeist di una generazione ponendosi pochi limiti e sventolando con fierezza la bandiera dell’irriverenza. Matt Furie ha condotto una lunga battaglia legale per riprendere il controllo del suo personaggio e soprattutto sottrarlo ai fascisti che se ne erano appropriati, e già questo mi sembra un ottimo motivo per procurarsi il volume. Se non bastasse, però, ne aggiungo un altro: Boy’s Club è l’ennesimo recupero di valore operato da Eris Edizioni nel sottobosco del fumetto indie e underground nordamericano. Un lavorone, va riconosciuto.
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Deep vacation
Mi sbilancio: non mi spiego perché Yi Yang non sia ancora una superstar del fumetto. Siamo solo alla sua seconda opera, ma fatico a ricordare un esordio così incisivo e peculiare come Easy Breezy, col suo ritmo cinematografico che riporta a Tarantino e Guy Ritchie (bassa manovalanza criminale inclusa) e il tratto grafico di formazione spiccatamente orientale, ma declinato secondo la grammatica del fumetto occidentale. Yi Yang l’ha rifatto: Deep vacation è un seguito diretto del suo precedente Easy Breezy da cui riprende la coppia di protagonisti, Li Yu e Yang Kuaikuai, immergendoli questa volta ina un vicenda piuttosto diversa dalla precedente, quanto meno per l’ambientazione. Sullo sfondo permane un mistero criminale, ma gli affascinanti scenari cittadini lasciano spazio a una località marittima nel pieno dell’estate. E un racconto estivo con protagonisti degli adolescenti non può che parlare di amori non ricambiati e amicizie in bilico. Yi Yang cambia ambientazione, atmosfere e tematiche, ma non perde un grammo di efficacia nella narrazione, che si muove al ritmo della sua matita come un trucco di magia di fronte alla bacchetta del mago. Se la vostra preoccupazione è aver perso il suo precedente volume, Deep vacation è tranquillamente fruibile anche senza aver letto Easy Breezy. Tanto, una volta completata la lettura uscirete a procurarvelo.
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Grendel Omnibus vol. 1
Grendel dalle nostri parti è sempre stato un oggetto un po’ misterioso. La serie fa parte di quella infornata di fumetto indie americano esplosa tra gli ’80 e i ’90 da noi arrivata parecchio in ritardo e con scarso successo (Cerebus è esemplificativo in questo senso). Nel caso di Grendel, di certo non ha aiutato la sua struttura ondivaga, archi narrativi che compongono dei blocchi in cui il manto passa a personaggi diversi con relativo cambiamento di tono, atmosfera, genere, tematiche e approccio. Per capirci, dopo i primi quattro numeri con protagonista Hunter Rose pubblicati dalla piccola etichetta Comico in una rivista contenitore, Matt Wagner passa il manto dell’antieroe già a un altro personaggio nella successiva serie intitolata Grendel. Ciò che passa trasversalmente in tutte le diverse incarnazioni è l’aurea di violenza, che diventa per Wagner strumento per ragionare sulle motivazioni del suo utilizzo e soprattutto sulle sue conseguenze in un contesto narrativo che non si sottrae da riflessioni politiche e sociali. Il volume Panini pubblicato di recente è l’omologo (ma cartonato e in grande formato) di quello Dark Horse che raccoglie la serie raggruppando le storie per protagonista. Il formato ha indubbiamente dei vantaggio, ovvero potreste fermarvi a questo volume ottenendo comunque una raccolta completa per tema, ma anche l’ovvio svantaggio di non presentare tutte le sfaccettature in una volta sola. Per compensare, però, potrete godere delle illustrazioni di una miriade di artisti, da Tim Sale a Oeming, nella tricromia bianco-nero-rosso. Ah, manca il crossover con Batman, stampato in un volume a parte.
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Metamorphosis
Cercare di non rendere questo paragrafo metanarrativo non sarà facile. Perchè Metamorphosis è la nuova edizione del fumetto con cui Giacomo Keison Bevilacqua ha dato vita al suo universo narrativo una decina di anni fa. Metamorphosis è un fumetto che parla del cambiamento, di cosa succede quando arriva e di come ne basti pochissimo per mandare all’aria una vita intera. Quindi Metamorphosis è la nuova edizione di un fumetto sui cambiamenti, notevole anche (ma non solo) per i cambiamenti apportati rispetto all’originale. Intanto, il più evidente è la colorazione. La storia era uscita originariamente in bianco e nero per un altro editore, ora Bao Publishing l’ha riportata in libreria in una confezione mirabile, un bellissimo volume con copertina rigida e tavole ricolorate dalla coppia Elia Mange Bisogno e Savuland. Quel che il colore non cambia è il valore dell’opera di Bevilacqua, già parecchio matura pur essendo una delle sue prime pubblicazioni, sia dal punto di vista della narrazione, intrigante e ben ritmata, sia dal punto di vista del tratto, sempre delicato, ma altrettanto espressivo nel delineare le emozioni dei suoi personaggi.
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7 Crimini: L’associazione a delinquere
Di questa interessante serie ne abbiamo già parlato nei mesi scorsi. Potreste immaginarla come una versione moderna del Decamerone in cui questa volta, al posto di giovani lascivi in fuga da una pandemia, un gruppo di sconosciuti si ritrova bloccato in una baita. Tra questi c’è un magistrato, con una sua teoria personale dei sette crimini che affliggono l’animo umano, che illustra di volta in volta attraverso un caso esplicativo. ll tema di questo volume è l’associazione a delinquere (decisamente più facile da gestire rispetto a quello della violenza, tema affrontato un paio di uscite fa). Il dettaglio interessante della serie è rappresentato senza dubbio dagli autori. Ai testi si affiancano Katja Centomo, sceneggiatrice esperta, ed Emanuele Centomo, che di professione in realtà fa l’avvocato. Al tavolo da disegno si alternano invece diversi talenti italiani (in questo caso Grazia La Padula e Marco Caselli) in un mix di stili e toni che distingue sempre tra la vicenda giudiziaria e il livello superiore della storia ambientato nella baita. Chiude ciascun volume un approfondimento sulla materia legale scritto da esperti e professionisti: giusta appendice di un fumetto genuinamente true crime. A Lucca ho fatto due chiacchiere con Centomo e Sciarretta: bollono cose in pentola per il finale.
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The Complete Cyberforce vol. 1
Altra operazione recupero di materiale dei ’90 dal mondo indie (dai, all’epoca la Image si poteva considerare tale) a stelle e strisce. In questo caso ce n’era bisogno? Molto meno, risponderanno critici impolverati col monocolo, ma non gli daremo retta. In questo formato cartonato Cyberforce è la bibbia del fumetto supereroistico anni ’90, un concentrato di tutte le influenze grafiche che in quel periodo facevano vendere quintalate di spillati solamente grazie al nome giusto in copertina. Uomini giganteschi, ipertrofici, dotati di una quantità di cinture e tasche da far sprofondare per l’invidia un commesso del Brico e armati con pistoloni di dimensioni tale da andare anni luce oltre il concetto di invidia del pene; donne bellissime, le cui forme sono sempre inquadrate dalla miglior prospettiva per solleticare gli istinti dei lettori repressi; e infine, trame più sottili dei fogli di carta su cui sono stampate: il tutto graziato delle illustrazioni di talenti del calibro di Marc Silvestri, Jim Lee, Toad McFarlane, David Finch (etc, etc, etc…) nel loro prime. In questa raccolta trova persino spazio un tocco di Chris Claremont e un crossover con i WildC.A.T.S. con non una, ma ben due splash page a quattro ante. Il volume più tamarro della libreria, senza discussione.
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Il libro dei sogni
Prima si facevano i complimenti a Eris per il lavoro di recupero del fumetto underground nordamericano. Altrettanti ringraziamenti vanno fatti a Canicola, che ormai da tempo procede con la stampa delle opere di Yoshiharo Tsuge, pilastro della letteratura per immagini giapponese del secolo scorso. Parlare di Tsuge è sempre complesso, perché si tratta di uno dei maestri dell’arte del manga, ma il suo fumetto è molto lontano dal fumetto giapponese contemporaneo. Quelle di Tsuge sono storie intimiste, disilluse, frammenti quotidiani di un Giappone che non c’è più, con cui per noi da quest’altra parte del mondo (e del secolo) facciamo parecchia fatica a rispecchiarci. Eppure per quanto possa essere complicato decifrare le dinamiche tra uomo e donna nel Giappone post bellico o i gesti quotidiani di una popolazione sopravvissuta a un atomica, Tsuge riesce sempre a metter al centro un sentire universale, che travalica i confini del tempo e dello spazio. Il libro dei sogni, in particolari, riprende la sua grande tematica del fallimento, ma questa volta la avviluppata attorno alle più fisiche delle pulsioni, in un amalgama che è allo stesso tempo affascinante, disturbante e ipnotico.
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Black Radiant
A proposito di case editrici attente, negli ultimi tempi Saldapress si è più volte fatta notare per le acquisizioni nel mercato indie americano contemporaneo, con un occhio particolare rivolto verso la Image (e gli annunci portati a Lucca confermano questa intenzione). L’ultima testata approdata in Italia grazie a Saldapress è Radiant Black e arriva con un certo grado di anticipazione per i paragoni decisamente importanti che sono stati scomodati in USA durante i primi mesi della sua pubblicazione, Robert Kirkman (il creatore di The Walking Dead) l’ha definita la lettura ideale per coloro ai quali manca il suo Invincible. Mica poco. Forse è troppo presto comunque per smentire o confermare le impressioni di Kirkman, ma il primo volume di Radiant Black sfoggia comunque idee interessanti, su tutte quella di un protagonista che ottiene i superpoteri solo in età adulta, il che porta a tutta una serie di dinamiche se non inedite, quanto meno poco affrontate dal genere. I due autori, Kyle Higgins e Marcelo Costa, mostrano poi una certa influenza proveniente dalla lettura dei manga (non rara in USA di recente, Seven Secrets è un altro esempio in questo senso) che contribuisce a distaccare Radiant Black dal classico modello Marvel/DC. In USA sta andando fortissimo, quindi sicuramente ne sentiremo parlare ancora parecchio nei prossimi mesi.
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Livania
Chi ha bisogno del fantasy quando la nostra tradizione pullula letteralmente di miti e leggende del folklore da cui attingere? Deve aver pensato qualcosa di simile anche Francesco Vacca, lo sceneggiatore di Livania, residente ormai da tempo a Roma, ma originario del Piemonte dai cui racconti popolari ha attinto a piene mani. Piemontesi sono la masche, donne dotate di poteri magiche che il chiacchiericcio nei villaggi considera streghe. Le masche, in realtà, si impegnano a compiere gesti di bontà, e per questo Livania si unisce a loro. Suo marito Aimone, tuttavia, prova ad interferire con un rituale magico, preoccupatissimo per il destino dell’amata, unendo così irrimediabilmente i loro destini. Ambientato in un tempo remoto, questo delicato racconto in bilico tra il magico e il romantico è valorizzato dai disegni di Alessandro Costa, esaltati per altro dalla scelta del bianco e nero. Il tratto di Costa fa tesoro dell’esperienza maturata nel fumetto umoristico, trasferendo sui volti dei personaggi un abbondanza di espressioni, ma non mancano comunque i dettagli in ogni punto della tavola. Completano il quadro una struttura delle tavole parecchio dinamica, ma sempre chiara nella narrazione, e un ottimo lavoro di chine che ammorbidisce il tratto di Costa e aggiunge una profondità alle immagini senza bisogno di ricorrere al colore. Un’ottima sorpresa.
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Hypericon
Non si può invece parlare di sorpresa nel caso di Manuele Fior, quanto piuttosto di spasmodica attesa. Dopo i due volumi di Celestia, Fior si cimenta con una storia duplice e duale, da un lato un racconto d’amore immerso nel ribollire culturale della Berlino degli anni ’90, dall’altra l’impresa archeologica di Howard Carter nel 1922 in Egitto, ovvero la scoperta della tomba di Tutankhamon. Quella di Hypericon è una storia in cui abbondano i riferimenti autobiografici alla vita di Fior, che ha vissuto proprio in quel periodo a Berlino e ha lavorato a spedizioni archeologiche in Egitto. Ma sarebbe stupido e irriconoscente ridurre Hypericon a questi due filoni narrativi: dentro c’è tutto il talento a cui Fior ha abituato in oltre vent’anni, una pulizia grafica invidiabile, e un ritorno alle tematiche che attraversano trasversalmente tutta la sua produzione. Per qualcuno non è la sua opera migliore, io rinuncerei serenamente a un paio di organi per produrre in vita mia anche una sola opera di questo valore. Fate voi.
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