La liberazione della letteratura classica condotta da Blackie continua anche nel 2024 con Il libro della Genesi. Questa originale e, diciamolo subito, brillante operazione letteraria iniziata un paio di anni fa con L’Odissea e proseguita lo scorso anno con L’Iliade, si estende quest’anno al primo libro del Vecchio Testamento, una delle due parti che compongono la Bibbia. Ma liberazione da cosa? Dalle gabbie letterarie in cui il loro studio ha ormai imprigionato i testi classici, divenuti spesso sacri ben oltre la tradizione religiosa, intesi dunque come oggetto di studio da venerare e dissezionare: una pratica che per quanto necessaria priva spesso i testi antichi della loro dimensione originale, ovvero quella di racconto, nato per intrattenere, insegnare e divertire. 

Insomma, per liberare i classici Blackie toglie tutti quegli strati di polvere che secoli di trattazione accademica hanno deposto e li ripropone per quello che sono: romanzi! Semplice, eppure rivoluzionario. Se ci aggiungete poi la solita cura molto fresca e moderna per la confezione (ne parliamo meglio tra poco), con la cover arancione acceso e la fascetta che cita testi a corredo Stephen Hawking, Søren Kierkegaard e Diderot & D’Alembert (due tizi a cui dobbiamo per farla semplice l’Enciclopedia e l’Illuminismo), il corto circuito culturale è completo. 

Lo spirito di questa nuova edizione della Genesi, presentata come la prima Genesi laica, è stato raccontato poche settimane fa durante Book City, in un panel condotto da Daniel Russo, traduttore dei due precedenti volumi nonché docente di letteratura inglese, ed Erica Baricci, autrice della nuova traduzione dall’ebraico del testo. La Genesi che conosciamo oggi è in realtà il risultato di secoli e secoli di sedimentazione, cuciture, ritocchi e adattamenti. È un romanzo familiare che inizia con Adamo & Eva, prosegue coi loro figli Caino & Abele, la dispersione degli uomini, l’arca e la torre le cui conseguenze conducono ad Abramo, anello di congiunzione tra la precedente parte del racconto e la successiva in cui i protagonisti saranno i suoi discendenti, la cui morte segnerà anche la fine del libro.

I segni evidenti della stratificazione si ritrovano già nella primissima parte, quella della creazione del mondo che un po’ tutti conoscono, che in realtà è doppia: nelle primissime righe c’è il caos, a cui il dio della Genesi inizia a mettere ordine prima separando luce e ombra e poi aggiungendo le creature dalle piante agli animali fino all’uomo, che in realtà racchiude in sé sia il maschile che il femminile. La seconda genesi raccontata poco più tardi è invece più antropocentrica: la terra era desolata e secca perchè non esisteva ancora alcun uomo che la lavorasse e dio non aveva ancora fatto piovere. Con la creazione divina della pioggia, Adam inizia a dare nomi alle cose che lo circondano e crea invece la donna dalla sua costola. 

Guardandola in termini moderni, la Genesi ha qualche problema di continuity fin dall’inizio, ma non è mai stato un gran problema per qualche millennio: ora capisco perché la Gen Z mitizza i tempi pre-cellulari. Ma come insegnano decenni di storie Marvel e DC Comics, basta una nuova storia per aggiustarne una vecchia e la Genesi, attraverso il lavoro della moltitudine di redattori che si sono susseguiti nei secoli, fa esattamente la stessa cosa, con pezzi del racconto che fungono da collante posticcio tra due parti non coerenti tra loro. Lo so, non credo che vi sarebbe mai venuto in mente di paragonare la Genesi alla Crisi sull Terre Infinite, ma sono le magie che accadono quando si liberano i classici dalle gabbie dorate in cui per abitudine li teniamo rinchiusi.

Nonostante la sua natura posticcia e composita, c’è un filo rosso che attraversa tutta la Genesi ed è esattamente il lavoro dei redattori che riesce a dare al libro un’unità letteraria che all’origine non aveva e che Erica Baricci ha conservato nella sua traduzione: fresca e moderna, ma al contempo rispettosa delle formule di ripetizione (tipiche della tradizione orale e non così diverse dagli stratagemmi che si usano oggi per i testi di una canzone pop) e dell’alternanza tra prosa e poesia. A livello tematico, però, questo filo conduttore si trasforma nella lunga e faticosa conquista dell’umanità, ovvero dell’essere umani. Le vicende accompagnano i personaggi attraverso crisi enormi, familiari e politiche, scatti d’ira, gelosie fatali: insomma, ogni brutalità umana. Dopo ogni tragedia, però, c’è sempre un passaggio che conduce alla conquista di un pezzetto di umanità in più, anche se il ciclo di peccato-perdono-nuovo peccato mai si interrompe, ad ogni passo falso l’uomo trova un modo per migliorarsi. La Genesi sì conclude così, dicendoci che non basta nascere, bisogna lottare per diventare Adam, esseri umani.

Poi c’è la dimensione fisica della Genesi, intesa proprio come il libro di carta, in cui tutti i ragionamenti appena fatti si trasformano in copertina, impaginazione, immagini, inserti. La cura per i libri di Blackie è una qualità che abbiamo spesso sottolineato, ma i Classici Liberati costituiscono un’apice: la copertina cartonata brilla di un arancione acceso che allontana da subito ogni pensiero polveroso, senza tuttavia rinunciare all’eleganza attraverso la fascetta verticale nera. All’interno, la traduzione è arricchita dalle note a margine in rosso, spesso scritte con una punta di ironia accompagnate da piccole illustrazioni. Tra i capitoli appaiono poi gli approfondimenti tematici, sempre stampati su pagine colorate e affiancate da illustrazioni a colori: la mia preferita è senza dubbio la sezione dell’Arca di Noè con la distribuzione degli animali a bordo. 

Come già fatto con Odissea e Iliade, anche la Genesi liberata ci rivela una verità incontrovertibile: aver ammantato di noia i classici è un peccato da cui dobbiamo quanto prima liberarci.

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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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