Scende dagli Jaegers e torna al gothic-horror Guillermo del Toro, con una nuova favola horror, che ammicca ai lavori di Bava e alla filmografia gotica italiana degli anni che furono.

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C’è la fanciulla eterea e spaurita, Edith, interpretata dalla sempre ficcante Mia Wasikowska; il Lord forestiero dalle maniere raffinate e dal profilo morale incerto, il cui volto sembra bene incarnato dall’inglese Tom Hiddleston, incerato, quasi fantasma; la sorella di lui, Lucille, la sempre bravissima Jessica Chastain, nemesi di ogni pura love story che, nell’ombra, trama contro le sorti della malcapitata.

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Edith, scrittrice di favole sui fantasmi, s’innamora di Sir Thomas e si trasferisce nella sua maison cadente e lugubre eretta in un luogo isolato, dove lo spirito dell’amante uccisa prima di lei le farà ripetutamente visita sotto le vesti di mostro color cremisi, tanto da avvertirla del pericolo a cui è soggetta…

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Classico, forse un po’ troppo classico, questo Crimson Peak, appesantito da una sceneggiatura scolastica che cerca una sua luce nei fasti della peraltro splendida fotografia di Dan Laustsen (già con Del Toro in Mimic) ma non offre guizzi di originalità o spunti di riflessione. Alla resa dei conti, il ritorno del regista ad uno dei suoi generi preferiti si traduce in un compitino sciapo e un’opera eccessivamente derivativa.

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La sceneggiatura è spesso soporifera e manca del tutto il sottotesto, quella profondità che aveva inspessito Il labirinto del Fauno, tramite la rielaborazione fantasy di una metafora storica e dove l’intento registico appariva ben specifico. Per non parlare della sapiente e virtuosa trasposizione da fumetto a cinema che fu Hellboy (e forse ancor di più il capitolo secondo, Hellboy – The Golden Army). I clichè del genere ci sono tutti (case infestate, amori ostacolati, vendette omicide) e si susseguono fino a che si inizia a deragliare negli inserti gore a Del Toro tanto cari, tra cromatismi simbolici (il rosso, colore ricorrente, che prima è argilla e poi sangue) e duelli nel biancore della neve. Ma manca qualcosa che renda il film memorabile.

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L’impressione è che, dopo il discusso Pacific Rim, Del Toro si sia un po’ smarrito, nel voler rendere una storia di passione malata che non riesce ad andare al di là di uno script innocuo o di un pretesto per fare della apprezzabile visionarietà. Gli spunti per una disamina sul passato e su come questo incarceri gli uomini e le loro pulsioni ci sono, ma rimangono, appunto, spunti.

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Questo Crimson Peak è manchevole persino sul piano della personalizzazione dei protagonisti che costruiranno il triangolo portante: vaghi accenni al tormento di Sir Thomas, alla diversità di Edith, alla disperazione di Lucille (alla quale, tra l’altro, vengono riservate le battute migliori), ma tutti finiscono per essere stereotipi incasellati nel background mitologico da cui derivano. Peccato.



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