Dopo aver camminato nelle dure strade di Baltimora in The Wire , attraversiamo i mondi lontani di Avatar: La leggenda di Aang.
Le serie animate “per ragazzi” hanno una lunga storia: dagli esordi all’inizio del secolo scorso con i cartoni animati Disney e i Looney Toones, pensati per il cinema, fino alle serie nate negli anni ’80 per promuovere linee di giocattoli, pochissime di queste opere sono riuscite a trascendere il loro target e appassionare allo stesso modo bambini, adolescenti ed adulti, ed è particolarmente raro che queste cerchino di raccontare una storia lunga, che segue i suoi personaggi in un’avventura che si spande in decine di puntate. Raccontare fiabe semplici ma profonde è un lavoro di grande difficoltà. Avatar: La Leggenda di Aang è forse il miglior successo in questo senso, quanto meno in occidente. Prodotta da Nickelodeon, creata e sviluppata Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko, due produttori/registi di successo, aiutati dal produttore Aaron Ehasz, la serie è caratterizzata da una storia complessa, che si sviluppa in tre stagioni, e da uno stile sostanzialmente indistinguibile dagli anime giapponesi, una delle tante influenze asiatiche della serie, un raro ponte tra sensibilità occidentali ed orientali.
In un mondo simile al nostro esiste una forma di arti marziali soprannaturale chiamata “bending” (letteralmente “piegare”, ma in italiano tradotta come “dominio”), che permette ad alcuni individui di manipolare uno dei quattro elementi: acqua, terra, fuoco o aria. I dominatori del fuoco, cento anni prima dell’inizio della serie, hanno dato vita ad una lunga guerra che li ha visti sopraffare il resto del mondo con un regno basato sul sopruso e sulla violenza. I dominatori dell’acqua e della terra sono stati sopraffatti, e a quelli dell’aria è toccato un destino ancora più estremo: sono stati spazzati via dal pianeta. Questo perché l’unica persona che può riportare l’equilibrio nel mondo è l’Avatar, una figura molto simile al Dalai Lama, che si reincarna dopo ogni generazione in un nuovo corpo, ed è in grado di dominare tutti e quattro gli elementi. Ma l’ultimo Avatar, Aang, è scomparso da decenni. Per molti è morto.
Avatar: La Leggenda di Aang comincia quando due membri delle tribù dell’acqua, Katara e Sokka, fratello e sorella, trovano Aang, intrappolato in una prigione di ghiaccio. L’Avatar è nato più di cento anni fa, ma essendo rimasto ibernato per un secolo, è poco più che un bambino. Una volta tornato cosciente si rende conto che deve imparare a dominare tutti gli elementi per salvare il mondo dalla stretta della nazione del fuoco, una missione in cui sarà aiutato da Katara, Sokka, e dal suo bisonte volante, Appa. Quando la notizia del ritorno dell’Avatar comincia a circolare, il giovane figlio del capo della Nazione del Fuoco, un sedicenne chiamato Zuko, comincia la sua missione, quella di trovare e catturare Aang. Insieme a suo zio, un saggio anziano di nome Iroh, il giovane segue con determinazione e rabbia la sua preda, nella ricerca del riscatto verso un padre che l’ha rinnegato. Nei sessantun episodi della serie vediamo Aang, i suoi amici e i suoi avversari scoprire un mondo complesso e ricco di dettagli che oltre ad ospitare una storia affascinante servono da metafore per il nostro passato e il nostro presente.
La serie unisce elementi molto diversi tra loro con grande abilità: ha un aspetto visivo che la rende praticamente indistinguibile agli anime giapponesi: si ispira alla culture cinesi, native americane, indiane, e spesso strizza l’occhio alla cultura “moderna” occidentale. Una miscela potenzialmente insostenibile, ma che dà vita ad un universo coerente e vitale, grazie anche ad una bellissima colonna sonora. Ma è la forza della storia a rendere reale il mondo in cui è ambientata. Se molte serie televisive (tanto occidentali che giapponesi) tendono a produrre un enorme numero di episodi, così da diluire la loro narrativa e perdere il cuore del loro racconto, Avatar è una serie straordinariamente concisa, una lettera d’amore ad un tipo di narrativa tipicamente giapponese (in particolare per via dell’età dei protagonisti, tutti poco più che adolescenti), che racconta storie rilevanti al di là del mondo da cui provengono, e che riesce a comunicare molti valori delle filosofie orientali con grande forza e con rispetto per l’intelligenza del suo pubblico. Ogni puntata miscela commedia, dramma e azione con grande abilità, e espande una narrativa di grande respiro.
Avatar è indirizzata in primo luogo ai pre adolescenti, ma ha avuto un grosso successo ben oltre il suo target di riferimento, un risultato raro per un network specializzato nella programmazione di contenuti per i più giovani. Dopo le prime puntate la serie ha riscosso un ottimo riscontro sia di pubblico che di critica, vincendo il Peabody award e garantendo nuovi recar d’ascolto per il network.
Questo successo è figlio di un (apparente) paradosso: molte serie “per adulti” raccontano personaggi poco realistici e situazioni il cui svolgimento ha poco a che vedere con il modo in cui il la vita quotidiana a cui cercano di ispirarsi si svolge. Spesso nella ricerca di storie intriganti e sorprendenti, chi narra perde di vista la verosimiglianza dei personaggi che raccontano, dando per scontato molti elementi necessari a rendere credibile un mondo di finzione. Molte serie per adulti sembrano scritte da adolescenti, interessati più alla scoperta di meccaniche narrative piuttosto che a storie umane. Avatar è una serie scritta da adulti che capiscono la responsabilità di raccontare qualcosa ai più giovani, senza dare per scontato il fatto che siano più o meno intelligenti. Di conseguenza, è una serie di rara intelligenza.
Se Avatar è scritto con grande attenzione, l’aspetto in cui stupisce è quello della regia. L’animazione non ha gli stessi limiti di budget delle serie televisive realizzate con attori e set veri. Gli autori di Avatar hanno sfruttato questo aspetto con determinazione, curando con grande attenzione le sequenze d’azione della serie. Gli stili di combattimento dei vari personaggi sono tutti basati su arti marziali reali, e ogni scontro e sequenza di fuga è coreografato con attenzione chirurgica. Quelle di Avatar sono probabilmente le migliori sequenze d’azione mai viste in una serie televisiva.
Avatar: La Leggenda di Aang è una serie “familiare” nel senso migliore del termine, ideale per unire una famiglia attorno ad una narrativa da condividere, per riflettere sulle “lezioni” imparate nell’avventura dei nostri eroi, mai didascaliche, sempre illuminanti anche per gli adulti.
È molto difficile dire di aver capito qualcosa finché non si ha la capacità di raccontarla nel modo più semplice possibile. I creatori di Avatar hanno dimostrato di avere un’enorme comprensione di come le cose funzionano, e la loro serie è un capolavoro di narrativa matura ed emotiva.
CONSIGLI DI VISIONE
Originale o doppiata?
Come spesso accade nel caso delle serie animate, il doppiaggio italiano di Avatar è piuttosto buono, e permette anche ai più piccoli di godere della serie senza problemi. L’originale è al solito preferibile, ma in questo caso scegliere la versione doppiata non crea grossi problemi.
Se vi è piaciuta questa serie, guardate:
Nel 2012, negli Stati Uniti, è andata in onda la prima stagione della serie “seguito” delle avventure di Aang, The Legend of Korra. Ambientata qualche decennio dopo la serie che l’ha ispirata, racconta le avventure del successore di Aang, Korra, una giovane Avatar impegnata nel suo addestramento in un mondo dove una serie di terroristi rivoluzionari sta cercando di creare un mondo senza dominatori. Korra è una serie più urbana e ancora meglio ritmata del suo ispiratore, che rischia seriamente di superare in qualità le avventure di Aang. È una delle migliori serie televisive del 2012, a prescindere da genere e target.
L’eredità della serie:
La popolarità di Avatar sembra aver dato coraggio anche ad altri canali, che ultimamente si stanno dando da fare nel creare serie che possano conquistare giovani ed adulti: Tron: Uprising è un ottimo esempio di questa tendenza, un’altra serie seria e molto ben fatta tecnicamente, che racconta storie drammatiche con leggerezza ma senza perdere l’ambizione narrativa. Vale la pena anche di recuperare un’ottima serie che nel 1992 fa ha raggiunto un simile equilibrio tra profondità e leggerezza: Batman, The Animated Series.
PUNTATE PRECEDENTI:
9 – Battlestar Galactica (2004)
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