I misteri dell’universo e dei governi internazionali hanno dato vita ai dedali di X-Files, ma il mistero della vita familiare è molto più inquietante e complesso, come dimostra Arrested Development.

La famiglia Bluth è ricca, estesa e sull’orlo del fallimento. Il capofamiglia, George Sr., viene incarcerato per frode fiscale, mettendo a rischio la fortuna che tiene assieme una decina di persone, un gruppo esteso di familiari che ridefinisce l’idea di disfunzionale. Michael, suo figlio, da tempo lontano dagli altri componenti della famiglia, decide di prendere la situazione in mano e di guidare la barca che affonda verso la salvezza. Ma non è un’impresa semplice. Perché a parte il legame familiare, nulla tiene uniti i Bluth, una famiglia che la ricchezza ha trasformato in mostri mediocri, narcisi e straordinariamente avidi.

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Arrested Development nasce da un’idea di Mitchell Hurwitz, un veterano di svariate sitcom con l’ambizione di creare una serie ispirata dagli scandali finanziari dell’inizio del decennio scroso, in particolare quello della Enron. Con l’aiuto di Ron Howard, la voce narrante dell’intera serie e uno dei produttori, la serie è andata in onda su Fox nel 2003, introducendo uno stile “documentaristico” più vicino ad un reality show che ad una classica sit com. Ma quello che non ha nulla di documentaristico è il cast. Hurwitz ha messo assieme un gruppo di attori non particolarmente conosciuti ma di grandissimo istinto comico. Dal protagonista Jason Bateman, passando per David Tambour, Portia De Rossi e Michael Cera alla sua prima vera prova d’attore, la famiglia Bluth è fatta di vipere goffe che cercano di accoltellarsi a vicenda ma finiscono per inciampare e scavarsi la fossa da soli. Madri possessive e manipolatrici e figli narcisi, confusi e competitivi: la trama segue questi personaggi in un vortice delirante che descrive quello che succede quando l’abitudine al benessere crea terrore.

Arrested Development è uno dei primi esempi televisivi dell’impatto della “new comedy” degli anni ’90 e ’00, di cui attori come David Cross e David Arnett sono volti piuttosto noti. È un tipo di commedia che si basa con forza sull’assurdo e sul paradosso, gioca allo stesso tempo sull’umorismo cerebrale e sulla fisicità degli attori, in una strana miscela apparentemente idiota, ma ricca di rimandi e metafore. In alcuni momenti la serie sembra scritta per altri comici, è quasi sperimentale, ma allo stesso tempo tratta i suoi protagonisti con rispetto, come se fossero persone vere, in un vortice surreale e straniante dove si fa fatica a distinguere l’assurdo dal verosimile.

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Ci sono analogie con The Office e Curb Your Enthusiasm, serie che non hanno paura di utilizzare protagonisti sgradevoli, ma in questo caso non c’è mai una luce alla fine del tunnel, o un momento di redenzione. I Bluth sono intrappolati nel loro narcisismo. Per loro la manipolazione è l’unica forma naturale di interazione, e la spontaneità è un concetto completamente alieno. Ma grazie allo straordinario senso dell’umorismo degli scrittori e del fantastico cast, la serie non è mai oppressiva o deprimente: si mantiene sempre in un perfetto equilibrio tra surreale e crudo.

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La famiglia Bluth è sotto molti punti di vista la classica dinastia da telenovela, dove i tradimenti e le rivelazioni più scabrose si susseguono in una valanga di colpi di scena che sembra non avere fine. Una famiglia disfunzionale, che vive in una casa da esibizione, finta, a malapena arredata, è simbolo di una visione della vita senza storia o, letteralmente, fondamenta. Ma visto che gli scrittori sono coscienti di quanto assurdo sia il mondo che raccontano, la serie risulta paradossalmente realistica.

Dove la vecchia America guarda alle grandi dinastie con orgoglio e riverenza, Arrested Development le racconta come una piccola e insignificante anomalia in un mondo assurdo dove quello che ha importanza cambia in continuazione, e dove l’idea di felicità sembra sempre più aliena a coloro che dovrebbero essere più felici. C’è un senso di straniamento nel vedere una generazione ricca e fortunata perdere ogni senso di valore, ritrovandosi in una lotta interna spietata e ridicola, dove i più giovani sembrano voler letteralmente voler uccidere i loro genitori. Per quanto la serie sia assurda, è molto precisa nel raccontare i rapporti tra generazioni negli ultimi due decenni.

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Questo senso di “dinastia” non potrebbe funzionare senza il modo straordinario in cui la serie riesce a mantenere i diversi fili dei rapporti tra protagonisti e i personaggi secondari in un universo perfettamente coerente, dove tutto si collega in un albero genealogico impazzito. L’attenzione alla continuità della storia in Arrested Development è maniacale, molto più intensa e precisa anche rispetto a serie drammatiche come Lost, Heroes, ER.

Si ha sempre la sensazione di guardare nello spioncino di un mondo vivo e reale, e la voglia di scoprire quanto in basso si possano spingere i rapporti dei protagonisti è una ricompensa molto gratificante per chi riesce a tenere il filo di tutti gli intrecci del racconto. La quantità di battute cerebrali ed oscure contenute in ogni episodio fa impallidire qualunque serie di questo tipo, almeno fino all’arrivo di Community.

Quasi tutti gli episodi contengono decine di riferimenti a brevi momenti che rimandano a volte a battute che si sono viste per un istante in un episodio di due serie prima. Seguire la serie richiede grande attenzione e voglia. Ancora una volta, è lo stesso meccanismo delle Soap Opera, che in questo caso viene usato con straordinaria intelligenza. Ma non c’è mai la pretesa di prendersi sul serio. Nonostante la serie sia brillante, sembra sempre prendere in giro sé stessa e il suo pubblico, in uno strano circolo paradossale che ha ben pochi eguali nella storia della televisione.

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La serie era oltre i suoi tempi. In tempi di crisi economica, questa sembra una descrizione molto più efficace di altre di come il “sogno americano” si sia lasciato trasformare per molti in una corsa a mantenere uno status fatto di finti gioielli. Ma piuttosto che descrivere i protagonisti di queste storie come cattivi o crudeli, li mostra nel loro tragico ridicolo.

Arrested Development non ha mai cercato di andare incontro al pubblico, e dopo tre stagioni Fox ha tagliato in cordone ombelicale facendo chiudere. Ma i fan non hanno mai smesso di sostenere il progetto, e i suoi protagonisti hanno sempre dichiarato di voler continuare la storia della famiglia Bluth. Grazie all’interesse di Netflix, entro l’anno ci saranno altri dieci episodi della serie, ognuno dedicato ad un personaggio, e un film che chiuderà l’epica della famiglia, che grazie alla crisi internazionale potrebbe stupire con nuovi colpi di scena.

CONSIGLI DI VISIONE

Originale o doppiata?

Lo stile molto “naturalistico” della serie non si presta al doppiaggio, in particolare per l’importanza delle idiosincrasie nel linguaggio dei diversi personaggi, che si possono apprezzare solo in originale.

Se vi è piaciuta questa serie, guardate:

Arrested Development è arrivata in televisione appena dopo l’uscita della versione britannica di The Office, e si può decisamente inserire all’interno delle serie “finto documentaristiche” degli ultimi anni. Hurwitz ha anche provato a produrre la versione americana di The Thick of It, un’ottima serie britannica che esplora i dietroscena della vita parlamentare britannica. Ora è pronto a tornare ad Arrested Development, una serie che, con una certa coerenza, non ha avuto successori diretti, ma ha ispirato indirettamente tante altre produzioni.

L’eredità della serie:

Dalla versione americana di The Office a Party Down e Parks and Recreations, l’eredità di Arrested Development viaggia con i suoi attori in gran parte delle commedie moderne americane. Ma la serie che sembra aver preso con più forza l’eredità dell’epopea dei Bluth è Community, una serie che guarda alla vita universitaria con uno sguardo altrettanto sbilenco della serie di Hurwitz. Ancora più cerebrale, ma anche molto meno cinica, la serie creata da Dan Harmon è altrettanto divertente e complessa, l’equivalente comico del progressive rock.

PUNTATE PRECEDENTI:

Introduzione – Lost

1 – Buffy L’ammazzavampiri   

2 – Twin Peaks 

3 – Friday Night Lights

4 – The Office

5 – The West Wing

6 – Freaks and Geeks

7 – 24

8 – Spaced

9 – Battlestar Galactica (2004)

10 – The X-Files



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Emilio Bellu

Scrittore, cineasta, giornalista, fotografo, musicista e organizzatore di cose. In pratica è come Prince, solo leggermente più alto e sardo. Al momento è di base a Praga, Repubblica Ceca, tra le altre cose perché gli piace l'Europa.

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3 Comments

  1. Avete abbandonato la rubrica o è solo una pausa estiva? Era la mia rubrica preferita ;)

  2. Solo una pausa estiva, don’t worry.

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