“Ci sono più cose tra cielo e terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia” è una delle battute più celebri dell’Amleto, ma a distanza di qualche secolo Orazio può finalmente gioire perché Futurama, la serie animata di fantascienza ideata da Matt Groening, tutte quelle cose le ha sognate, messe in scena e satirizzate, scorrazzando precisamente tra cielo e Terra a bordo della Planet Express. Non a caso, il testo di cui sto per parlarvi si intitola molto opportunamente “Futurama e la Filosofia“.
Il compendio raccoglie 23 saggi brevi, di autori vari, che prendono spunto da puntate specifiche della serie. Il mestiere di Dio dalla terza stagione si presta, ad esempio, a discettare di cosa sia un fenomeno metafisicamente primitivo, e se sia Dio o l’Universo a ricadere in questa definizione. Futurama fornisce punti per interrogarsi sul libero arbitrio, il capitalismo e il modo in cui modella non solo la società, ma anche le coscienze. O, ancora, i vizi di Bender e gli strani rituali d’accoppiamento di Zoidberg sono cibo per discutere del sesso e in tutte le sue espressioni che la psicanalisi si guarda bene dal definire “perversioni”.
Ma, per chi si fosse appena svegliato da un sonno criogenico lungo vent’anni, vediamo cos’è Futurama.
Poche attività impigriscono più di quelle che ci piace svolgere. Quando finiamo di leggere un libro che ci ha preso particolarmente ne vorremo leggere un altro diversamente identico a quello che abbiamo appena chiuso, e questo accade per videogiochi, film, o serie: vorremmo rivivere quella stessa esperienza anche se veicolata da un’altra storia. Se ci pensate, decine di cantanti pop hanno fondato la loro carriera declinando per anni il primo grande successo, e funziona perché amiamo ritrovare quello che già conosciamo e che siamo sicuri ci faccia star bene (cfr. Il Risveglio della Forza). Una delle volte in cui ho vissuto questa situazione è stato proprio con Futurama. Adoravo i Simpsons e, ovviamente, non vedevo l’ora di scoprire la nuova serie di Matt Groening. Quello che desideravo davvero, però, era rivedere una serie che fosse in qualche modo di nuovo i Simpsons. Va da sé che Futurama non lo fosse e così, nonostante avessi già preventivamente deciso che la creatura di Groening mi sarebbe dovuta piacere, non è stato amore a prima vista.
Ho impiegato qualche puntata a familiarizzare con il nuovo universo narrativo e smetterla di aspettarmi l’esilarante scorrettezza di Bart, o la caustica sagacia di Lisa a casa d’altri, ma ho recuperato sulla lunga distanza visto che a tutt’oggi Futurama è una delle mie serie preferite sia in assoluto che per il genere sci-fi. E come ogni serie di fantascienza che si rispetti, Futurama è un manuale per capire l’oggi attraverso il futuro ipotizzato nella finzione.
Futurama è la storia del fattorino Fry, il classico “sfigato” non particolarmente brillante a cui va tutto per il verso sbagliato e che, per una serie di circostanze, si ritrova a vivere nell’anno 3000. In questo spazio-tempo del futuro continua a essere un fattorino, ma stavolta della Planet Express, l’astronave di consegne a domicilio di proprietà del suo stra pro-nipote, il professor Farnsworth, geniale e strampalato scienziato.
La crew è formata dalla capitana Leela, l’indomita ciclope di cui Fry si innamora, Bender, il robot vizioso e lestofante che diventerà il miglior amico di Fry, dall’incapace dottor Zoidberg, dall’ereditiera Amy e dal burocrate Hermes. Siamo nella Nuova New York, i viaggi dell’equipaggio affrontano ogni genere e sorta di pericolo mentre tutti i tropi della fantascienza vengono declinati e rivisti in modo brillantemente bizzarro. Le sfide del futuro che si presentano a quella stravagante ciurma spaziale sono, nella loro vera essenza, quelle connaturate all’umanità. Fin dal momento in cui il genere umano ha deciso di uscire dalla caverna platonica si è interrogato sull’origine dell’universo, sul libero arbitrio, sull’amore, il sesso e su quale fosse il sistema di società che può meglio permettere all’umanità di vivere e prosperare. Insomma, per dirla con Douglas Adams: sulla vita, l’universo e tutto il resto.
Non a caso, uno dei primi saggi si concentra sul rapporto filosofico e politico tra l’uomo e la natura. Uno dei bersagli preferiti della serie è il capitalismo che nell’universo di Futurama è rappresentato dalla tirannica, avida e spietata corporation MomCorp. Ma il capitalismo può essere meglio compreso e spiegato attraverso il suo ultimo prodotto di scarto: la spazzatura. Nell’episodio Palla d’Immondizia la Terra è minacciata da quegli stessi rifiuti del ventesimo secolo che erano stati lanciati nello spazio, ed è così che “la spazzatura svela la relazione tra natura e mercato, facendo emergere le scelte di politica ambientale che si celano nelle merci prodotte”. Il capitalismo spinge a trovare nuovi mezzi di riciclo e smaltimento fingendo di avere a cuore l’ambiente per evitare che si affacci nella coscienza ecologica l’idea che, semplicemente, si debba produrre e quindi consumare meno.
Naturalmente, l’universo narrativo di Futurama, trattandosi una serie di fantascienza, è letteralmente un universo, il punto è però capire se nel senso di unico o uno dei tanti possibili. Da qui il chiedersi se esistano più universi, universi paralleli, o infiniti universi. La serie dà la sua risposta mostrandoci come il professor Farnsworth, in Dossi e Paradossi, sia riuscito a creare svariati universi contenendoli in normali scatoloni da trasloco.
Ma prima ancora che per la scienza, la possibilità di infiniti universi crea problemi alle religioni, quelle monoteistiche in particolare, e solleva questioni filosofiche che toccano l’esistenza di dio e la natura del libero arbitrio. Ammettere l’esistenza di infiniti universi significa accettare l’idea che “qui o in un altro universo si è verificata ogni situazione possibile”, quindi ogni nostra scelta – o non scelta – non condurrebbe a una singola conseguenza, ma a tutte le sue conseguenze possibili in altrettanti universi. A queste condizioni quello che facciano non conta davvero e Dio, se esiste, non è onnisciente. Di recente la serie Devs aveva affrontato queste tematiche, ma in modo meno simpatico e divertente di quanto sia riuscita a fare Futurama.
A questo punto voglio però precisare che Futurama e la Filosofia è un testo godibile anche da chi non ha seguito la serie. Per fruirlo è necessario semplicemente esistere, visto che essere vivi significa essere stati innamorati, pigri, delusi, animati da curiosità per le grandi questioni, così come interessati a capire i meccanismi delle piccolezze della vita quotidiana, visto che il libro, nel rispetto dello spirito della serie, esamina in modo preciso, ma scanzonato, quasi ogni aspetto dell’essere umano degno di essere dibattuto. Certo, il consiglio è comunque quello di recuperare la serie per poter apprezzare compiutamente ogni riferimento e colpo di genio.
Nota
Futurama e la Filosofia a cura di Courtland Lewis è tradotto da Matteo Sammartino ed è pubblicato da Blackie Edizioni.
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